Nel vasto universo cinematografico, sussiste una regola tacita che sottolinea la difficoltà dei sequel legati a grandi franchise nel mantenere la stessa grandezza dell’opera originale. Solo poche opere sono state in grado di infrangere questa tradizione senza subire uno scivolone evidente. Tra queste, spiccano immediatamente Il Padrino 2, Il Signore degli Anelli: Le Due Torri, Aliens – Scontro finale e, indiscutibilmente, Terminator. Tuttavia, oggi possiamo finalmente accogliere un nuovo membro in questo ristretto circolo d’elite: Blade Runner 2049.
È importante riconoscere che replicare il successo e la maestosità del film originale era, in pratica, un’impresa titanica, ancorata alla reputazione di capolavoro che l’opera precedente aveva conquistato con pieno merito. Tuttavia, il film diretto da Denis Villeneuve non si propone mai di surclassare l’opera di Ridley Scott. Invece, con notevole umiltà, il regista canadese rida’ vita al mondo cyberpunk del 2049, mantenendo uno sguardo attento alla tradizione cinematografica passata e un altro rivolto alle generazioni future.
Per comprendere appieno il motivo per cui Blade Runner 2049 merita il nome che porta, è necessario esaminare in dettaglio alcuni elementi specifici.
Cosa racconta Blade Runner 2049?
La storia si svolge nel 2049, trent’anni dopo gli eventi del film originale. La società è ancora più divisa e futuristica. Gli esseri umani e i replicanti, androidi progettati per svolgere compiti umani, vivono in una società sull’orlo del collasso ecologico e sociale. I vecchi modelli di replicanti sono stati banditi, ma sono stati sostituiti da replicanti più obbedienti prodotti dalla società Wallace Corporation.
Il protagonista, K (interpretato da Ryan Gosling), è un blade runner, un cacciatore di replicanti. Durante una missione, scopre un segreto sepolto da tempo che ha il potenziale per scatenare il caos nella società. Questa scoperta lo conduce a cercare Rick Deckard (interpretato da Harrison Ford), il leggendario blade runner scomparso da trent’anni, che potrebbe avere informazioni cruciali.
La trama si sviluppa mentre K segue le tracce del misterioso Deckard e svela lentamente un intrigo oscuro che coinvolge replicanti, umani e la misteriosa figura del magnate Niander Wallace (interpretato da Jared Leto), che cerca di creare replicanti capaci di procreare. Nel corso della sua ricerca, K mette in discussione la sua stessa identità e il suo posto in un mondo complesso e pericoloso.
Blade Runner 2049: Ritorno a casa

Concedetemi di affermare con franchezza che tutti noi, affezionati ammiratori del capolavoro di Ridley Scott, abbiamo inizialmente nutrito profonde perplessità riguardo alla prospettiva di un sequel diretto per tale film. Blade Runner 2049 ha fatto la sua apparizione nel panorama cinematografico nel modo più disorientante possibile: con scarse aspettative da parte dei venerandi estimatori e l’indifferenza manifesta delle nuove generazioni. Eppure, con una velocità sorprendente, questo film, che sembrava sul punto di affondare, è riuscito a guadagnarsi il nostro consenso e a stravolgere le nostre concezioni.
Uno dei principali motivi di preoccupazione era l’aspetto visivo del film. È innegabile che Blade Runner abbia dettato legge, tanto da averne influenzato il genere cyberpunk dall’anno ’82 in poi, con numerose opere che hanno preso ispirazione dal capolavoro di Scott. Ricreare quell’atmosfera senza scadere nella banalità sembrava un compito titanico. Eppure, in modo stupefacente, Denis Villeneuve è riuscito a forgiare un mondo che non ha nulla da invidiare alla futuristica ambientazione del 2019 delineata nell’opera originale.
La metropoli si è rischiarata ulteriormente grazie all’infinita proliferazione di ologrammi, i quali colmano ogni angolo buio, rendendo l’intera ambientazione ancor più evocativa. E poi, come non menzionare la straordinaria fotografia di Roger Deakins, che, ancora una volta, conferma la sua posizione di élite tra i Dop nella storia del cinema. Gli interni richiamano in maniera significativa lo stile architettonico dell’opera del 1982, e ciò è in parte attribuibile alla decisione di ricostruire fisicamente i set, riducendo al minimo l’utilizzo della grafica digitale.
In definitiva, il film si erge con maestria al livello del suo predecessore, dimostrando in alcuni momenti di poter persino sovrastarlo.
Il replicante: nato, non creato

Blade Runner 2049 si configura come un sequel fuori dagli schemi. Quest’opera abbraccia il medesimo tema del suo predecessore, ma lo fa sotto una prospettiva nuova, forse anche più intima. Nel film di Ridley Scott, scrutavamo i replicanti attraverso gli occhi degli esseri umani, seguendo il punto di vista del personaggio di Deckard. In 2049, siamo consapevoli sin dall’inizio che il protagonista interpretato da Ryan Gosling è un replicante. Nonostante ciò, ciò che emerge è una rappresentazione che non ha nulla da invidiare all’umanità.
Blade Runner ha sempre presentato al pubblico il quesito cruciale: cosa rende veramente umani gli individui? È solo la loro composizione di carne a conferire loro questa qualità? L’indimenticabile monologo di Roy Batty (le ormai leggendarie “lacrime nella pioggia“) ha delineato in modo eloquente come i ricordi, siano essi veritieri o fabbricati, costituiscano l’essenza stessa della nostra umanità. Blade Runner 2049 parte da questa fondamentale premessa e la amplifica, facendo dei ricordi il motore portante della sua trama.
Ryan Gosling intraprende una ricerca per scoprire la verità su un replicante generato, il primo autentico esemplare della sua specie. Nel corso di questa caccia, si rende conto che uno dei suoi ricordi è autentico. Questo evento lo rende immediatamente il primo replicante a non essere creato. Il film riesce senza dubbio a mantenere la sua lealtà all’opera del 1982. Al tempo stesso però innova con acume e un profondo rispetto per il suo predecessore.
Alcuni hanno criticato 2049 per la sua evidente semplicità nel comunicare il messaggio. Considerando la complessità intrinseca del film originale di Scott, forse proprio questa chiarezza si rivela un elemento necessario per arrivare al pubblico. Tra chi non ha gradito il film c’è proprio Rutger Hauer, trovate qui le sue parole.
Le donne in 2049

Blade Runner 2049 si distingue da gran parte dei tipici film hollywoodiani in quanto pone le donne al centro della narrazione. In particolare, tre personaggi femminili catturano l’attenzione e lasciano un’impronta indelebile nel cuore e nella mente dello spettatore.
Innanzitutto, c’è il personaggio interpretato da Ana de Armas. Questa giovane donna è un’entità completamente artificiale, essendo un ologramma creato appositamente per soddisfare i desideri del suo possessore. Tuttavia, nel corso del film, impariamo a nutrire un affetto profondo nei suoi confronti, proprio come fa il protagonista Ryan Gosling. In un mondo in cui la linea di demarcazione tra realtà e finzione si sfuma, anche un semplice “Ti amo“, sebbene programmato, si rivela un gesto di grande significato.
Il secondo personaggio femminile di rilevanza nel film è quello di Rachael. Questo personaggio, interpretato da Sean Young, rappresenta un elemento centrale all’interno della trama. Lei, madre del replicante, è una figura salvifica nel mondo distopico del film, in cui il potere e la politica s’intrecciano con il controllo sui replicanti e il destino dell’umanità. Il miracolo della nascita sottolinea il ruolo delle donne non solo come oggetto di affetto o desiderio, ma anche come forza guida e determinante nelle dinamiche sociali ed esistenziali del mondo rappresentato nel film.
Il terzo personaggio femminile lo lasciamo a voi, per evitare spoiler. Vi basti sapere che il film riserva allo spettatore una bella sorpresa sul finale.
Un cast eccezionale in Blade Runner 2049

Abbiamo discusso di tecnica e filosofia, ma non possiamo trascurare le straordinarie performance attoriali che impreziosiscono le quasi tre ore di Blade Runner 2049. Nel cast, oltre ai nomi precedentemente menzionati, emergono con forza figure come il ritorno di Harrison Ford nel ruolo di Deckard, interpretazione di gran pregio che riporta con autorità il personaggio sulla scena. Al suo fianco, Jared Leto si fa notare come il nuovo “cattivo” del film, nonostante il suo limitato tempo in scena, lasciando un’impronta indelebile nella trama complessa dell’opera.
Per riassumere, Blade Runner 2049 è un’opera di straordinaria bellezza visiva, un’esperienza cinematografica rara. Con notevole umiltà, porta avanti l’eredità di Ridley Scott, e si potrebbe persino ipotizzare che abbia inaugurato un ciclo in cui, ogni quarant’anni, un nuovo regista darà vita alla propria interpretazione di Blade Runner. Una storia che, forse, diventa sempre più rilevante con il passare del tempo.