Becoming Led Zeppelin: un’occasione parzialmente sprecata

La Mostra del Cinema di Venezia regala emozioni anche per gli amanti della musica, non è la prima volta che viene scelta la cornice del Festival per documentari su star della musica: questa volta è toccato ai Led Zeppelin. Noi di Ciakclub c’eravamo e vi raccontiamo questo Becoming Led Zeppelin.

Sinossi

Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones e John Bonham non sono cresciuti insieme, né si sono frequentati costantemente. I quattro ragazzi inglesi ha avuto formazioni differenti e hanno condiviso perlopiù solo i momenti lavorativi, di composizione, registrazione e turnè. Forse questo è stato il segreto che li ha portati ad essere così uniti e a non perdersi in discussioni, come è successo a molte altre Band. Il documentario ripercorre tutte le varie tappe della loro stellare carriera.

Becoming Led Zeppelin

Influenze musicali

Uno degli aspetti più interessanti del documentario Becoming Led Zeppelin è sicuramente la dimostrazione di quanto i membri del gruppo fossero eterogenei tra loro. Spesso di pensa che in una band tutti abbiano gusti musicali affini e ragionino musicalmente all’unisono. Niente di più sbagliato, nel loro particolare caso. 

Da Lonnie Doneghan a James Brown, da Sonny Boy Williamson II a Little Richard, fino ad arrivare ad Elvis, ai Jefferson Airplane e molti altri ancora.

Ognuno si era appassionato alla musica attraverso generi differenti, eppure alla fine bastò una session di poco più di un’ora tutti e quattro assieme per far scoccare la scintilla.

Becoming Led Zeppelin

Eccessiva edulcorazione

Bisogna però essere sinceri, Becoming Led Zeppelin soffre di un’eccessiva edulcorazione: tutto è rose e fiori e niente è mai andato storto, almeno da quando si è formata la band.

Dipingerli come lavoratori d’ufficio, che andavano in turnè compiendo il loro dovere e poi si chiudevano nella tranquillità delle mura domestiche ne restituisce un’immagine solo parzialmente veritiera. I vari scandali e la vita da rockstar che hanno accompagnato la band restano un argomento tabù.

Becoming Led Zeppelin

Occasione persa

Nel documentario viene dato, giustamente, molto spazio alla storia ma il modo nel quale viene fatto è rivedibile.

Le immagini degli eventi storici contemporanei ai brani della band scorrono mentre Jimmy e compagni parlano. Tutto ciò appare quindi privo di correlazione, come se i Led Zeppelin avessero assistito da spettatori inermi agli eventi della controcultura, dell’Haight-Ashbury, dello sbarco sulla luna ecc.

Sembra che la band e gli eventi storici siano state due rette parallele ma, sebbene quando la band arrivò all’apice l’utopia hyppie si stesse ormai spegnendo, non poteva non aver lasciato alcun segno sui membri del gruppo. 

Becoming Led Zeppelin

Effetto videoteca

La scelta del regista è quella di dare molto spazio a filmati che, per la maggior parte, sono già noti. Certo quello che viene raccontato dai Led Zeppelin è inedito ma riprenderli mentre parlano alternando immagini già viste e riviste, per quanto suggestive, non garantisce la sorpresa che potrebbero dare dei filmati inediti dei backstage o di momenti mai resi noti al pubblico (se ne vede qualcuno ma sempre per pochi secondi). Oltretutto, narrativamente parlando, i collegamenti con alcuni di questi video di repertorio di natura storica risultano labili o, addirittura, inesistenti.

Molto più sensati quelli legati ai musicisti dei quali i Led Zeppelin raccontano alcuni interessanti aneddoti.

Monotonia narrativa

Un altro problema del documentario è sicuramente la scelta di far raccontare a ruota libera i Led Zeppelin, senza variare mai location, se non per un unico caso in cui Jimmy Page parla della casa in cui si sono riuniti per provare.

Sarebbe stato sicuramente interessante inserire qualche scambio di battute del passato o magari qualche commento di altri personaggi musicali di spicco che hanno tratto ispirazione da loro.

Becoming Led Zeppelin

Conclusione

Becoming Led Zeppelin ha molti difetti che però, ogni qualvolta viene dato spazio alla loro musica risultano quasi passare in secondo piano, grazie a quel suono così profondo e di una sporcizia moderna e accattivante. 

E solo dopo svariate ore dalla proiezione si riesce a guardare con occhio critico tutti questi difetti, perché dal cinema si esce comunque, non certo per meriti del regista, con la pelle d’oca; perchè? La risposta è di tre parole, cinque minuti e trentaquattro secondi: Whole Lotta Love. 

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