Un nostro focus sull’antimilitarismo nel cinema, in particolare in tre film di Stanley Kubrick, regista molto interessato all’argomento bellico.
Stanley Kubrick è uno dei registi il cui nome viene immancabilmente citato in qualunque dibattito riguardi il rapporto tra cinema e guerra, proprio per la predilezione del regista britannico per l’argomento bellico; d’altronde il suo primo lungometraggio (Paura e desiderio), del 1953, è proprio un film di guerra.
Più volte Stanley Kubrick elabora nel proprio cinema una profonda critica al potere, sia esso quello militare o quello politico, nel senso lato del termine. In Arancia Meccanica la denuncia è contro la violenza insita in una società cinica (ipotetica società futura, metafora del presente) che riduce i propri abitanti da esseri umani a oggetti, annullandone la libertà individuale. Nei film bellici del regista invece la critica è mossa contro il cinismo degli alti ranghi militari e l’insensatezza della guerra, realizzando veri capolavori dell’antimilitarismo, da Orizzonti di gloria fino ad arrivare al più recente Full Metal Jacket.
In Orizzonti di gloria (1957) Kubrick sceglie la Grande Guerra per mettere in discussione l’istituzione militare e per compiere delle riflessioni disincantate sulla natura profonda della guerra. Considerato il capolavoro dell’antimilitarismo per eccellenza, è ambientato durante la guerra sul fronte franco-tedesco e mette in risalto l’abisso che separa i comuni soldati mandati a morire e gli alti vertici militari, interessati solo al potere. Il colonnello Dax (Kirk Douglas) è l’unico che cerca di opporsi alle insensate e spietate manovre del generale Mireau che condanna a morte i soldati per codardia contro il nemico. Kubrick sottolinea l’assurda leggerezza con cui dà l’ordine di aprire il fuoco sui propri soldati e poi decide il numero di uomini innocenti da condannare.
Viene mostrata l’assurdità della Corte Marziale, che interroga gli imputati senza neanche leggere l’imputazione lasciando che il processo avvenga senza testimoni. È presente anche una critica al patriottismo, pronunciata dal colonnello Dax, che paragona la bandiera francese a uno straccio per aizzare i tori e lo definisce «l’ultimo rifugio delle canaglie».
Il film scatena polemiche in tutto il mondo, soprattutto in Francia dove viene bandito fino al 1975 perché considerato un attentato all’onore dell’esercito francese. Eppure Kubrick sosterrà più volte che non era sua intenzione offendere la Francia né girare un film antifrancese. Il suo obiettivo era quello di fare un film contro la guerra.
Anche ne Il Dottor Stranamore (1964) l’antimilitarismo emerge in ogni scena della pellicola, con una critica alla disumana indifferenza e alla folle spietatezza dei vertici militari. La guerra rappresenta un pretesto per sottolineare le isterie e l’incapacità degli uomini politici. Ambientato negli anni ’60, mostra la follia del generale Jack D. Ripper (Sterling Hayden), il comandante anticomunista della base aerea americana che trasmette ai propri aerei l’esecutivo del piano “R”, cioè un piano di reazione nucleare in seguito a un attacco nemico. Manda dunque ordini ai propri aerei di usare la bomba atomica per attaccare l’Unione Sovietica, nonostante l’offensiva dei sovietici non si sia mai verificata. Il film si può inserire nel genere «fantapolitico», abbastanza in voga all’inizio degli anni ’60, e riflette gli incubi apocalittici di quel periodo. Kubrick sottolinea anche qui la follia dell’uomo di potere e l’insensatezza della guerra, incarnata anche dal personaggio del generale Buck Turgidson (George C. Scott) che parla di “soli” cinquanta milioni di morti che gli USA avrebbero se portassero subito l’attacco a fondo.
Nel 1987 con Full Metal Jacket Kubrick torna a descrivere la grande macchina da guerra, fatta di violenza verbale e fisica, di uso delle armi e del napalm sugli innocenti, dietro cui si cela una forte impotenza dei soldati americani. Ambientato in un campo di addestramento di Marines che vengono duramente addestrati in vista della guerra in Vietnam, mostra ancora una volta l’orrore e l’inutilità della guerra e critica la ferocia dei vertici militari e la spietata mentalità militarista. Kubrick condanna di nuovo una società violenta capace di nuocere a se stessa con le proprie mani: Palla di Lardo che in Full Metal Jacket si suicida con la stessa arma con cui ha appena ucciso il sergente Hartman, così come l’ordigno Fine di mondo ne Il Dottor Stranamore.
Il personaggio eccessivo, violento e grottesco del Sergente Hartman incarna pienamente l’ottusità dei vertici militari, oltre che l’insensatezza e assurdità della guerra. Una guerra senza eroi, perché «Qui vige l’uguaglianza. Non conta un cazzo nessuno». Denso di critiche al patriottismo e alla guerra in generale, Full Metal Jacket rivela quanto siano spaventosi gli effetti del conflitto sui giovani soldati, tutti trasformati, provati e shockati dagli orrori della guerra. Emblematico il personaggio di Jocker, che indossa l’elmetto con scritto Born to Kill, ma ha appeso al petto il distintivo con il simbolo della pace.
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