8 marzo: (non) il solito film femminista ma “il migliore di tutti i tempi”

In occasione dell’8 marzo approfondiamo il cinema femminista con un film che ha vinto la classifica del Sight&Sound, Jeanne Dielman, 23 Quai du Commerce, 1080 Bruxelles. La regista Chantal Akerman, prende una netta posizione contro la subordinazione femminile e la prospettiva voyeuristica tipica della Hollywood classica.
8 marzo: (non) il solito film femminista ma "il migliore di tutti i tempi"

L’8 marzo è riconosciuto come la Giornata Internazionale della Donna, spesso semplicemente “Festa della donna”, che più che festeggiare vuole essere una spinta alla riflessione sulle conquiste e i progressi politici, sociali, economici e culturali del genere femminile. Le lotte del Femminismo sono arrivate a includere, per fortuna, anche l’universo cinematografico. Quella che in ambito anglosassone viene definita la Film Feminist Theory, la Teoria e Critica Cinematografica Femminista, ha fatto partire i suoi studi dall’analisi di un cinema che, immerso nel patriarcato, è stato da sempre frutto di uno sguardo sbilanciato verso la prospettiva maschile.

In occasione dell’8 marzo, invece di un’altra carrellata di film “sulle donne”, perché non concentrarsi su quello che è considerato uno dei manifesti del cinema femminista? Jeanne Dielman, 23 Quai du Commerce, 1080 Bruxelles, del 1975, capolavoro della regista belga Chantal Akerman. Si tratta di un film femminista perché dà voce e si scaglia contro la subordinazione della donna. Film impegnato e impegnativo, racconta un tipo sociale, la verità di una donna degli anni ’70.

In alcune interviste, Akerman ha dichiarato quanto sia stata immediata per lei la stesura della sceneggiatura, poiché il tipo di realtà che ha raccontato è sempre stato sotto i suoi occhi. La forza rivoluzionaria di Jeanne Dielman sta nel fatto che è stato scritto, diretto, fotografato, montato da un team di sole donne, coscienti della propria sensibilità femminile. Oltre a rientrare nella classifica dei migliori 100 film in lingua non inglese secondo BBC Culture, ha vinto quella del Sight&Sound. Ma Jeanne Dielman è davvero il film migliore di tutti i tempi?

8 marzo attraverso la rivista Sight&Sound

8 marzo: un film femminista vince la classifica del Sight and Sound
8 marzo: un film femminista vince la classifica del Sight and Sound

Secondo la rivista cinematografica britannica Sight&Sound, la quale pubblica ogni 10 anni la classifica dei migliori film di tutti i tempi, al primo posto c’è Jeanne Dielman, 23 Quai du Commerce, 1080 Bruxelles. Il risultato ha diviso il pubblico, tra chi ha amato questa scelta, chi non si è trovato affatto d’accordo e chi non lo conosceva proprio. In ogni caso, la maggior parte dei cinefili si è chiesta come abbia fatto il film, dalla trentaseiesima posizione in cui si trovava nel 2012, ad arrivare alla prima, lasciandosi dietro il capolavoro di Hichcock, La donna che visse due volte, e una delle pietre miliari del cinema, Quarto Potere, di Orson Welles. 

Jeanne Dielman: miglior film di tutti i tempi?

Jeanne Dielman con il figlio durante la cena
Jeanne Dielman con il figlio durante la cena

In molti si sono chiesti, quindi, se Jeanne Dielman fosse davvero il miglior film di tutti i tempi. Più che cercare di rispondere a questa domanda, (cosa pressoché impossibile) è più utile provare a capire perché una giuria di oltre un migliaio di critici sia arrivata a questa conclusione. Gran parte del merito è da attribuire al modo in cui il film e la critica cinematografica sono cambiati negli ultimi dieci anni. Nel 2012 infatti, solo 2 film diretti da registe donne riuscirono a rientrare all’interno della classifica, al contrario degli 11, nel 2022. Secondo il Sight&Sound, premiare Jeanne Dielman significa premiare un cinema considerato finora sommerso, cambiare il metro di giudizio, proporre nuovi canoni.

Tra le critiche ha pesato il carattere contemplativo del film, la sua durata, ma soprattutto il suo uscire dagli schemi dell’intrattenimento. D’altronde, ad Akerman non è mai interessato stare alle regole del cinema commerciale, e forse è proprio questo che l’ha premiata. In un’epoca in cui il panorama cinematografico, guidato dai franchise, sembra dare assoluta priorità all’intrattenimento, Jeanne Dielman non ha alcuna pretesa in questo, ma richiede impegno nella fruizione di un’autentica opera d’arte, che altro non è se non specchio di una verità. 

Jeanne Dielman: la trama e il suo significato

8 marzo: Jeanne Dielman e lo spaccato di vita simbolo della subordinazione femminile
8 marzo: Jeanne Dielman e lo spaccato di vita simbolo della subordinazione femminile

Jeanne Dielman racconta uno spaccato di vita di una donna belga, negli anni ’70. La protagonista, interpretata da Delphine Seyfrig, è una casalinga, vedova, che deve badare al figlio adolescente e, per garantirgli uno stile di vita adeguato, si prostituisce. Conduce una vita in solitaria, ciclica e ripetitiva. Tutto viene raccontato in maniera lenta, seguendo ogni singola azione: meravigliose le sequenze in cui si assiste per intero alla preparazione del caffè, delle patate o delle cotolette.

Il vero protagonista del film è il silenzio; un silenzio voluto, pesante, che permea la sua realtà, che comunica la verità di una condizione di repressione. Il finale è scioccante, sorprendente, ma coerente; il tutto mostrato senza enfasi né sadismo. Non prevede una soluzione, ma lo spettatore guarda con lei ciò che è successo, tornando alla solitudine di tutto il film.

 Jeanne Dielman, un film sulla linea della contemporaneità

Delphine Seyfrig nel ruolo di Jeanne Dielman
Delphine Seyfrig nel ruolo di Jeanne Dielman

Jeanne Dielman è un film contemplativo e contemporaneo, che vuole far emergere la durata, il senso della visione in quanto tale. La fissità della macchina da presa e il protrarsi dell’inquadratura, hanno lo scopo di accentuare ogni dettaglio dei movimenti di Jeanne, osservando le sue espressioni, leggendole i pensieri, portando lo spettatore a fantasticare con la mente. Il tutto è esaltato da una limpida e affascinante performance di Delphine Seyfrig. Centrale è l’assenza di campo controcampo, volta a sottolineare la solitudine della protagonista. Il film rappresenta un soggetto collettivo senza sacrificare l’individuo, giocato sullo sguardo e sul rapporto tra la cinepresa e il personaggio.

 8 Marzo: il valore dell’Anti-voyeurismo di Akerman 

8 marzo e il femminismo di Akerman
8 marzo e il femminismo di Akerman

Il linguaggio voyeuristico del cinema narrativo classico si fondava su un approccio “aggressivo” al corpo femminile, reso attraverso movimenti della cinepresa, il montaggio, il trucco, l’abbigliamento, tutto per il piacere dello sguardo maschile. L’Anti-voyeurismo di Akerman, contro l’idea di aggressione ed esibizione del corpo femminile,  è il risultato di scelte opposte.

Una sequenza di nudo sotto un nuovo sguardo

Jeanne Dielman e la scena di nudo anti-voyeuristica
Jeanne Dielman e la scena di nudo anti-voyeuristica

Durante il racconto della prima giornata di Jeanne, viene mostrata una sequenza in cui la protagonista fa il bagno. Si tratta di una scena di nudo del tutto priva di malizia, senza alcun tipo di erotismo nei movimenti o nelle inquadrature. La macchina da presa è posta centralmente, quasi alla soglia della stanza, a una distanza sapiente, la vera forza del film. 

Questo costringe lo spettatore a vedere senza spiare, a partecipare senza immedesimarsi. Jeanne Dielman trasforma la fruizione in un’esperienza intellettuale ed eludendo il “piacere visivo”, tipico del Cinema Classico Hollywoodiano, accentua le dinamiche del rapporto tra i generi nella società patriarcale, sottolineando come la sessualità sia il vettore della subordinazione della donna. 

Non solo l’8 marzo, il cinema femminista vale la pena di essere approfondito. E voi, cosa ne pensate? Avevate mai visto Jeanne Dielman? Scrivetecelo nei commenti. Questo e altro su CiakClub.it

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