Sono passati quasi due mesi esatti dalla notizia della cessione della Fox, il colosso di proprietà di Rupert Murdoch, alla Disney per la cifra record di 52,4 miliardi di dollari (più 13,7 miliardi di debiti).
E molto si era discusso di quest’eventualità, riguardo soprattutto le possibili conseguenze per l’industria cinematografica, che sarebbe passata da una situazione di oligopolio ad una scomoda situazione di monopolio, che avrebbe visto la Disney accorpare uno dei suoi principali competitor (e su questo si era espressa duramente la Writers Guild of America, il sindacato degli sceneggiatori statunitensi).
Ma è notizia di oggi, secondo un report di CNBC, che la trattativa per la cessione della Fox non sarebbe ancora chiusa. Tra le due fazioni si sarebbe inserita la Comcast – il più grande operatore via cavo al mondo, oltre che il proprietario di maggioranza del gruppo NBC Universal – che avrebbe pareggiato l’offerta mossa dalla Disney, riaprendo la partita.
Murdoch, ovviamente, era a conoscenza delle implicazioni che avrebbe avuto la cessione della Fox al suo “rivale”. Si era ritrovato costretto a farlo a causa delle regole governative statunitensi, che avrebbero complicato la cessione alla Comcast, secondo logica l’acquirente preferito da Murdoch. Una situazione condizionata da un’altra trattativa: l’acquisizione della Time Warner da parte della AT&T, fusione che è stata bloccata dall’amministrazione Trump (che, in soldoni, ha storto il naso di fronte alla possibilità che una società di comunicazioni acquistasse un fornitore di servizi di comunicazione).
Ma a quanto pare la fusione, per la cifra di 85 miliardi di dollari, si farà.
Creando un precedente che aprirà la strada a società come la Comcast nell’acquisto di società di media. Dunque nulla vieta di pareggiare, o addirittura superare, l’offerta della Disney. E nulla vieta a Murdoch, di scegliere la sua opzione preferita: quella di non cedere al suo diretto concorrente.
Insomma, il monopolio Disney che in molti avevano ipotizzato (non senza preoccupazione) è ancora in discussione. E solo un gigante delle telecomunicazioni poteva mettere seri dubbi su un futuro impero mediatico targato Disney.
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