5 esempi di come il cinema cinese è diventato un importante strumento di critica sociale contro la censura di Xi Jinping

Il recente passato politico della Cina è stato tumultuoso e complesso. Caratterizzato da una serie di eventi che hanno sconvolto gli assetti del paese, a partire dall’invasione Giapponese, fino alla proclamazione della repubblica popolare cinese sotto la guida di Mao Zedong nel 1949. Attualmente a ricoprire la carica di capo del Partito Comunista Cinese è Xi Jinping, personaggio politico controverso che ha da poco iniziato il suo terzo mandato presidenziale.

La censura da Mao a Xi Jinping

Da Mao a Xi Jinping, la Cina è da sempre soggetta a censura

Da Mao a Xi Jinping, la Cina è da sempre soggetta a censura

La politica cinese, ora come nel periodo maoista e nelle fasi intermedie, è caratterizzata da una forte censura e dal controllo del Partito sulla popolazione. Ovviamente la produzione artistica, tra cui quella letteraria e cinematografica non fa eccezione. I film prodotti in Cina infatti devono sempre essere vagliati dal governo, che appone il cosiddetto “Sigillo del Drago” a quelli ritenuti idonei. Le pellicole considerate antinazionali o contro il governo sono censurate e non possono essere prodotte o distribuite in patria.

Il controllo statale del cinema inizia nel periodo maoista. In questi anni l’industria cinematografica vede una forte crescita grazie alla costruzione di svariate sale cinematografiche e studi di produzione. Allo stesso tempo però, la statalizzazione rende i film un mero strumento propagandistico del partito. La produzione di film arriverà a una battuta d’arresto con la rivoluzione culturale del 1966, per riprendere dopo la morte di Mao, avvenuta nel 1978.

La quinta e sesta generazione

Zhang Yimou, uno dei principali esponenti della quinta generazione

Zhang Yimou, uno dei principali esponenti della quinta generazione

Negli anni ’80 il cinema cinese subisce importanti cambiamenti, grazie alla cosiddetta quinta generazione di registi. I film da strumenti di propaganda diventano mezzi per criticare il periodo maoista e iniziano a essere conosciuti in tutto il mondo. Verso la fine degli anni ’90 inizia l’ascesa della sesta generazione. Vengono trattati ancora temi politici e sociali, ma stavolta con uno stile più realista rispetto ai registi precedenti. Nonostante la censura sia stata leggermente allentata dopo la fine del maoismo, è ancora fortemente presente nella Cina di Xi Jinping.

Dopo questo breve viaggio nella storia cinematografica cinese, ecco 5 film per capire meglio la sua politica e il rapporto che ha con la settima arte.

Addio mia concubina: uno spaccato di storia cinese

Leslie Cheung in una scena del film

Leslie Cheung in una scena del film

Addio mia concubina (1993) di Chen Kaige è uno dei film più importanti della cinematografia cinese e il più rappresentativo della quinta generazione di registi. Segue la vita di due bambini che si conoscono alla scuola di recitazione dell’Opera di Pechino e negli anni successivi diventano attori molto famosi. La storia dei protagonisti si sviluppa in un arco temporale di cinquant’anni, durante i quali le vicende politiche e storiche della Cina fanno sempre da sfondo alla trama principale.

In 170 minuti Chen Kaige riesce a rappresentare i cambiamenti sociali avvenuti in cinquant’anni di storia, dall’invasione giapponese all’instaurazione della Repubblica Popolare Cinese. Film rivoluzionario e coraggioso, per la prima volta viene trattato in una pellicola cinese il tema dell’omosessualità, che in quegli anni  era profondamente condannata.

One Second: amore per il cinema e critica al maoismo

Una scena di One Second

Una scena di One Second

Zhang Yimou è forse il regista cinese più famoso al mondo, salito alla ribalta grazie a film come Lanterne rosse, Hero e La foresta dei pugnali volanti. Ambientato nel periodo maoista, One Second (2020) (qui la nostra recensione) parla di Zhang, un uomo evaso da un campo di lavoro, che sta cercando disperatamente la bobina di un cinegiornale nel quale compare la figlia.

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Nel film, oltre alla passione di Zhang Yimou per il cinema – qui rappresentato come unico luogo di luce in un periodo di ombre – traspare anche una forte critica alla rivoluzione culturale e le conseguenze che ha avuto per gli artisti, per il cinema e per la popolazione in generale.

Il tocco del peccato: storie vere della Cina di Xi Jinping

Utilizzando il realismo che caratterizza la sesta generazione, Jia Zhangke narra quattro storie da mezz’ora tratte da fatti accaduti realmente. Nel film viene raccontata la Cina sotto il controllo di Xi Jinping e tutte le problematiche a essa legata. Le tematiche principali sono il sistema corrotto, la violenza, il divario tra ricchi e poveri e l’alienazione dovuta ai ritmi di lavoro massacranti. Il tocco del peccato (2013), che a sorpresa ha superato la censura cinese ed è stato distribuito in patria, ha vinto a Cannes il Prix du scénario, che premia la migliore sceneggiatura.

So Long, My Son: quando la modernità schiaccia la tradizione

I protagonisti di So Long, My Son

I protagonisti di So Long, My Son

Wang Xiaoshuai insieme a Jia Zhangke è uno dei maggiori esponenti della sesta generazione. Utilizza sempre uno stile realista ma questa volta più morbido e romanzato rispetto a quello del collega. So Long, My Son (2019) narra le vicende di due famiglie cinesi che vivono in un piccolo villaggio rurale. Dopo un tragico evento una delle due si trasferisce in città, e, quando tornerà al villaggio trent’anni dopo, lo troverà profondamente cambiato a causa dell’urbanizzazione sfrenata.

Tramite una serie di flashback vengono raccontati i cambiamenti sociali della Cina, le riforme economiche che hanno portato a licenziamenti di massa e le problematiche causate dalla politica del figlio unico. Oltre alla critica politica vengono trattate in modo non scontato tematiche universali e profonde come il rapporto con i genitori, il lutto e l’amore.

Ten Years: la Cina di Xi Jinping che schiaccia Hong Kong

La Cina di Xi Jinping soffoca Hong Kong in Ten Years

La Cina di Xi Jinping soffoca Hong Kong in Ten Years

In Ten Years (2015), ambientato in una Hong Kong distopica del 2025, cinque registi girano cinque brevi storie in cui si immaginano come potrebbe diventare la città sotto il controllo della Cina, rappresentando una politica fatta di soprusi, di privazione di libertà e diritti negati. Hong Kong infatti è una città autonoma fino al 2047, anno in cui tornerà sotto il controllo della Cina. Il Partito di Xi Jinping però, negli ultimi anni, ha messo in atto sempre più manovre di occupazione della città e di controllo della sua politica.

Il cinema cinese insomma è da sempre un potente strumento di critica sociale e denuncia politica, in un paese in cui la libertà di parola è spesso negata. Dalla rivoluzione culturale di Mao alle politiche di oppressione di Xi Jinping, i registi cinesi si battono per raccontare le difficoltà del loro paese tramite la settima arte. E voi cosa ne pensate? Quanti di questi film avete visto?

Giacomo Farina

Giacomo Farina

Studente di comunicazione, musicista a tempo perso, pessimista a tempo pieno. "Chi non ama l'arte non ama la vita" diceva il capocomico ne "I vitelloni" di Fellini, per questo, da sempre, amo l'arte in tutte le sue forme ed espressioni.

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