Cobra Kai, fortunata serie spin-off di Karate Kid, terminerà con la sesta stagione. Ripercorriamo il successo di Karate kid e la sua eredità.
In un periodo storico saturo di sequel, reboot, spin-off e ramake, c’è un prodotto che si è distinto in positivo tra molti, Cobra Kai. La serie televisiva targata Netflix si tuffa di getto a 30 anni di distanza dagli avvenimenti del primo film di Karate Kid. Un successo immediato, iniziato nel 2018 quando la serie era trasmessa solo su YouTube. Il clamore delle prime due brillanti stagioni hanno portato il colosso dello streaming ad accaparrarsene i diritti, vincendo la scommessa.
Di recente Netflix ha annunciato che è in produzione una sesta stagione per la fortunata serie con protagonisti William Zabka (Johnny Lawrence) e Ralph Macchio (Daniel LaRusso), ma che sarà anche l’ultima. Doveroso quindi ripercorrere il successo del fenomeno Karate Kid, durato fino ad oggi con l’eredità lasciata a Cobra Kai.
La storia di Karate Kid

La scena più iconica di Karate Kid
The Karate Kid vede la luce nel 1984, primo film di un franchise che conterà tre sequel, un remake ed appunto una serie TV. Fu uno di quei tanti film usciti in sordina in quegli anni, destinati ad un calderone di puro intrattenimento e che non si prefiggeva l’obiettivo di divenire un cult. Inizialmente nessuno credeva nelle potenizlità della pellicola, nemmeno tra gli addetti ai lavori. Fu solo con l’incredibile successo al botteghino, l’entusiasmo del pubblico ed il plauso della critica che si iniziò ad intravedere il potenziale di una pellicola destinata a divenire un classico.
Pochi sanno che gli eventi narrati in Karate Kid affondano le radici in una storia vera. Direttamente dalla vita e dalla penna dello sceneggiatore dell’intera saga Robert Mark Kamen, nasce il racconto di un adolescente vittima di bulli, che per difendersi decide di imparare il Karate. Siamo quasi agli anni ’70 e Kamen capita in un dojo gestito da un ex marine che predica la sola violenza. Cercando qualcosa di migliore, si imbatte nel Gōjū-ryū, una forma di karate inventata ad Okinawa da un maestro di nome Miyagi. Questo stile gli verrà insegnato da un discepolo dello stesso Miyagi.
Miyagi e Daniel contro il Cobra Kai

Daniel San con il maestro Miyagi
Una forma di karate che si basa esclusivamente sulla difesa ed il contrattacco. Una filosofia quella del maestro Miyagi che vede questa disciplina non come atto di forza e violenza, ma come esercizio di pace interiore e difesa esteriore. L’incredibile performance di Pat Morita – che gli valse la nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista – ci regala un maestro dolce ma severo, sensibile ma ligio agli insegnamenti di vita.
Daniel LaRusso interpretando l’adolescente Ralph Macchio, incarna alla perfezione gioie e dolori della gioventù. Abbracciando la filosofia del maestro Miyagi accompagna anche noi nella sua parabola di crescita, prima umana e solo in ultimo atletica. Tutte le paure, le ansie, i problemi di un sedicenne italoamericano, che trova nell’assimiliazione della pace interiore il modo di sconfiggerle.
L’unione commovente di questi due personaggi porterà all’annullamento di un male chiamato Cobra Kai, dojo in cui vige la “legge del pugno”, che insegna a non avere pietà dell’avversario. Questa unione riecheggia anche nella serie televisiva – nonostante la scomparsa di Pat Morita nel 2005 – grazie ad espedienti narrativi che terranno sempre vivo lo spirito di Miyagi, chiave di volta stagione dopo stagione.
Cobra Kai, il rovescio della medaglia

Johnny e Daniel in Cobra Kai
La chiave del successo di questa serie televisiva è sicuramente l’aver condotto lo spettatore ad osservare la storia da un altro punto di vista, quello del bullo Johnny Lawrence. Denny LaRusso ha vinto sul campo come nella vita: popolare venditore di automobili, casa di lusso, felicemente sposato e con due figli. Johnny invece vive ancora allo sbando, in un monolocale e con un figlio che lo odia.
William Zabka riesce nell’impresa di far empatizzare con la sua vita persino il fan numero uno di Macchio. La voglia di riscatto, i principi ed i valori mostrati dall’ex Cobra Kai, seppur cementati in un indole da ribelle, scalda il cuore e non può che strappare sempre un sorriso. Lawrence mostra maturità nell’accantonare ideali sbagliati e divenire un maestro migliore di quello che ha avuto lui.
I due eterni rivali passeranno l’intera serie ad amarsi ed odiarsi, a combattere uniti o tra loro, come due amici che litigano ma si vogliono pur sempre bene. Cobra Kai ripercorre la trama di Karate Kid attraverso gli occhi di Johnny, guardando al suo rapporto con Daniel e mettendo quest’ultimo quasi in cattiva luce. Lo scopo è quello di mostrarci come non ci sia solo bianco o nero nella natura umana, e che la linea tra giusto e sbagliato a volte è davvero sottile.
Terry Silver, un vino invecchiato bene

Terry Silver con i suoi allievi del Cobra Kai
John Kreese è per molti l’anima del Cobra Kai. Il primo a incutere timore nei film, come nella serie. Ma c’è qualcun altro che in entrambi i prodotti ha dimostrato di essere ben più spaventoso, Terry Silver. Il terrore che l’ex militare porta nella storia con il suo sadico sorriso agghiacciante non è paragonabile a nessun altro antagonista.
Nelle ultime due stagioni di Cobra Kai il personaggio interpretato da Thomas Ian Griffith semina panico in tutta la Valley, come nelle vite di Johnny, Danny, dei ragazzi dei loro dojo e dello stesso Cobra Kai. Forza bruta unita ad astuzia ed intelligenza, lo rendono il nemico più temibile dell’intero franchise di Karate Kid. Ci sono moltissimi ragazzi nuovi in Cobra Kai, ma il meritato successo della serie è figlio soprattuto delle lodevoli interpretazioni portate dalle “vecchie glorie”, e Griffith ha donato linfa vitale al suo Silver rendendolo persino migliore del precendente.
Thomas Ian Griffith proprio oggi compie 61 anni. Il finale della quinta stagione rende il suo futuro incerto, ma noi tutti speriamo che possa esserci anche nell’ultima parte di Cobra Kai. La stagione 6 si preannuncia esaltante, con il creatore Jon Hurwitz che ha spiegato come sia stato lui e non Netflix a volere la fine di questa incredibile storia.

Cuoco, pubblicista, speaker radiofonico, ma soprattutto amante della settima arte.
La mia passione per il cinema probabilmente nasce con me: ricordo ancora la sensazione del velluto sulle mani di quando a 5 anni spostavo il sipario dell’entrata in sala di un cinema. Circondato in casa da una collezione di film e serie tv da far impallidire una videoteca, come protetto da un caldo abbraccio, reputo il cinema non solo evasione ma anche un luogo sicuro in cui alimentare la conoscenza.