Abbiamo visto Piuma, il film di Roan Johnson del 2016 da oggi su MUBI. Leggi la nostra recensione: per noi è un sì.

Un nome che è tipo ‘na parola magica, ‘na parola che nei momenti brutti la fa volà su sto casino che è il mondo. Dev’esse leggera, deve fluttuà, dev’esse tipo ‘na piuma. Ecco, Piuma se dovrebbe chiamà”. Così Ferro e Cate, i due diciottenni protagonisti del film pensano al nome per la bambina che sta per nascere, ma potrebbero essere le stesse parole del regista Roan Johnson che pensa al titolo del suo film.

Piuma, uscito nel 2016, da oggi è su MUBI: plana sulle cose dall’alto (per dirla con Calvino), a volte fa il solletico, è spostato dal vento, ci tiene con lo sguardo verso l’alto finché non raggiunge il suolo, è la traccia di un animale che è passato da poco. Esattamente come una piuma, che è il titolo, il film è fatto di leggerezza ed ironia, non è troppo solido ma ci incuriosisce davanti allo schermo, infine è la descrizione di uno spaccato quotidiano reale, di cui soprattutto evidenzia i malfunzionamenti sotto alla rosea apparenza.

La trama e il cast di Piuma

Il film, del 2016, è il terzo lungometraggio di Roan Johnson (quarto se ci aggiungiamo la parte nel film 4-4-2-Il gioco più bello del mondo, di Paolo Virzì, composto da quattro episodi tra cui Il terzo portiere, appunto diretto da Johnson). Dopo Fino a qui tutto bene, del 2014, che raccontava la quotidianità di cinque studenti e coinquilini a Pisa; Johnson con Piuma partecipa alla 73esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia e riceve due candidature ai David di Donatello.

Piuma è la storia di Ferruccio e Caterina, interpretati da Luigi Fedele (ultimamente impegnato in Rapiniamo il duce) e Blu Yoshimi (che ha esordito nel 2008 in Caos calmo accanto a Nanni Moretti). Il mondo adulto che li circonda è interpretato da Michela Cescon e Sergio Pierattini (i genitori di “Ferro”), Francesco Colella e Francesca Antonelli (il padre di “Cate” e la sua compagna). Il film accompagna i due protagonisti nei nove mesi che precedono la nascita della loro bambina, tra esami di maturità ed adulti irresponsabili, consapevoli di essere forse incoscienti ma profondamente uniti.

Se ce lasciamo è come fa ‘n frontale!

L’odissea delle papere di gomma

Cate e Ferro in una scena di Piuma

Cate e Ferro in una scena di Piuma

Mentre Cate è a lavoro nel centro scommesse in cui il padre Alfredo butta tutti i soldi con cui dovrebbe occuparsi di lei, Ferruccio le registra una puntata di “radio Ferro”, in cui le suggerisce una storia che potrebbe essere perfetta per la tesina del suo esame di maturità. Le racconta della nave partita da Hong Kong e diretta a Tacoma che, nel 1992, ha disperso in mare milioni di giocattoli di gomma, tra cui le iconiche papere gialle galleggianti. La storia è entusiasmante, secondo Ferro, perché quest’imprevisto ha permesso a due oceanografi americani di studiare la velocità del vento, la sua direzione e le correnti oceaniche.

Ferro e Cate nuotano in Piuma

A differenza delle papere di gomma, Ferro e Cate non solo galleggiano ma nuotano. Durante l’ecografia che gli farà scoprire il sesso della bambina li vediamo come immersi nello schermo in bianco e nero, Ferro spaventato, Cate inamovibile: nuotano intorno a quella che sarà loro figlia, anch’essi nel liquido amniotico che li renderà genitori. E lo stesso alla fine, prima dei titoli di coda e della colonna sonora di Francesca Michielin: Roma è sommersa dall’acqua e i due ragazzi attraversano lo schermo in stile libero. Tutto questo dice molto del film: i due giovani, nonostante tutte le peggiori aspettative, hanno imparato a nuotare; inoltre quello che sembra soltanto un incidente (come quello della nave che trasportava le papere) in realtà riesce ad essere rivelatore di qualcos’altro.

Un viaggio di maturità diverso

Gli adulti del film insieme ai protagonisti

Gli adulti del film insieme ai protagonisti

Mentre i compagni di classe preparano il viaggio di maturità, in un contesto che ci fa pensare al Virzì di Ovosodo, Ferro e Cate sono convinti di poter partire con loro: resteranno, invece, a casa a guardare le foto con un po’ di amarezza. Ma il loro è un viaggio di maturità ancora più grande: pur rinunciando alla spensieratezza dei propri diciotto anni rendono comunque leggera una situazione che a chiunque altro sarebbe pesata moltissimo.

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Gli altri: i genitori

Ecco, appunto, gli altri. I genitori adulti sono il contraltare della storia di Ferro e Cate: Carla, la madre di lui, è di Roma, Sandro è toscano ed è in un casolare della Toscana che vorrebbe tornare, vendendo la casa romana e lasciando per sempre il caos di quella città che, si capisce, non ha mai amato; Alfredo, il padre di lei, è il bambino di cui Cate si prende cura già prima di diventare madre. La storia, quindi, non è tanto sulla tenerezza di Ferro e Cate quanto sull’inappropriatezza di tutti gli adulti che li circondano. La gravidanza è il pretesto per entrare nella quotidianità di queste famiglie e sottolinearne i malfunzionamenti.

Gli adulti-adolescenti e gli adolescenti-adulti

Il modo in cui Cate deve arginare i disordini di Alfredo rivela la totale inaffidabilità del padre e l’assoluta impossibilità, per la futura mamma, di contare su di lui. È quindi Cate, adolescente, a farsi adulta davanti al padre. Al rovescio, capiamo come gli adulti si fanno adolescenti se pensiamo che Sandro, il padre di Ferro, alla fine arriverà a dirgli: “dimmi sempre e solo le cazzate”. Preferisce la beata incoscienza, la tranquilla cecità di chi non si rende conto, alla chiarezza della verità: perché chi non sa non ha nulla da affrontare, e gli adulti di questo film di responsabilità non ne vogliono. Restano tutte agli adolescenti, che si salvano potendo dire: “So contento che ‘sta stronzata epocale l’ho fatta con te”.

Una “favolaccia” leggera come una piuma

Roan Johnson con gli attori di Piuma

Roan Johnson con gli attori di Piuma

Nonostante quello che Ferro chiama il “mattoncino sulla schiena”, il film non diventa né asfissiante né troppo incisivo dal punto di vista degli aspetti da criticare. Ci fa pensare alle Favolacce dei fratelli d’Innocenzo (leggi il nostro approfondimento): un padre, Elio Germano, che si gira dall’altra parte davanti ad un orrore per la sua famiglia, la gravidanza di una coppia poco equilibrata, e soprattutto l’ambientazione della periferia di Roma, che sembra essere l’unico luogo in cui anche gli azzardi acquistano senso.

Un film che “alle Ramblas preferisce la Tuscolana”

Roma è l’altro grande protagonista del film: Sandro che è toscano e vuole andarsene dalla capitale non comprende la scelta del figlio, lo giudica e si dispera perché si immagina un esito soltanto catastrofico da quella vicenda. La mamma, invece, romana che vuole restare a Roma, cerca il modo per restare a disposizione del figlio e, anche senza dirlo mai troppo chiaramente, crede in Ferro e Cate, si fida di loro e li stima. Fuori dalla città in cui sono nati e cresciuti quella storia non sarebbe stata possibile, il loro viaggio di maturità è lì, a Roma, fra la periferia e il dialetto romanesco che colora tutti i dialoghi del film.

Ecco, Johnson non raggiunge il livello di profondità esistenziale dei fratelli D’Innocenzo ma fa volare la sua storia nel cielo di Roma come una piuma che ci solletica il naso e ci fa accorgere delle cose su cui si appoggia, che non eravamo stati in grado di guardare.

Noemi Iacoponi

Noemi Iacoponi

Marchigiana, studentessa appassionata di Lettere e amante delle storie. Mi nutro di musica e di parole. "C'ho una specie di senso di vuoto, l'ho riempito coi film e le foto". Ho una testa che pensa troppo e ragiona attraverso le scene dei film: per questo sono grata al cinema.

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