À bout de souffle: la morte del cinema classico secondo Godard

Dopo l'uscita di À bout de souffle la critica si spaccò in due. Leggi del momento in cui il cinema classico ha iniziato il suo declino.

“Se non amate il mare, se non amate la montagna, se non amate la città… andate a quel paese”. Michel Poiccard interpretato in maniera a dir poco sublime da Jean-Paul Belmondo, guardando in camera in una delle prime sequenze di À bout de souffle si rivolge a noi spettatori e ci invita cordialmente ad emigrare verso altri lidi se detestiamo i luoghi da lui citati. Ebbene con la stessa sfrontatezza di Michel vi diciamo, che “se non amate Godard, se non amate Truffaut, se non amate Chabrol…andate a quel paese”

Quando nei cinema europei e non, ha fatto il suo debutto À bout de souffle poteva considerarsi un mero esperimento, figlio del neo movimento cinematografico e culturale che è stata la Nouvelle Vague. Nata a fine anni degli anni cinquanta, quasi in concomitanza della pellicola datata 1960, la Nuova Onda ha visto la sua genesi a partire dal Festival di Cannes del 1959. Il mondo era in piena evoluzione e c’era il desiderio di stravolgere le regole prestabilite, e di imporre un nuovo non-regolamento che potesse essere in grado di far esprimere appieno gli artisti.

À bout de souffle: come nasce un capolavoro?

Godard e la sua immancabile sigaretta

Godard e la sua immancabile sigaretta

Jean-Luc Godard affrontava insieme a François Truffaut, Jacques Rivette, Claude Chabrol ed Éric Rohmer profonde e lunghe discussioni sul cinema alla Cinémathèque Française, archivio di cinema francese che si occupa di preservare, restaurare e distribuire le pellicole che costituiscono il patrimonio cinematografico europeo e non. Venne fondata nel 1936 da Henri Langlois e Georges Franju e vi venivano proiettati i film denominati “maledetti” perché non rispettavano le regole del cinema classico.

Ed è proprio da questa esperienza che nasce l’opera prima di Godard, destinata a rimanere nella storia. Oggi siamo abituati a pensare ad un prima e dopo À bout de souffle: si tratta di una delle opere più importanti della storia del cinema che ha dato il via al cinema moderno. Godard ottenne per la realizzazione della pellicola un budget di 45 milioni di franchi, e girò il film in appena un mese, dal 17 Agosto al 15 Settembre 1959 tra Parigi e Marsiglia. Ma perché il primo lungometraggio del regista parigino è così importante?

À bout de souffle: Gli attori

Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg in una scena del film

Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg in una scena del film

Come protagonisti di À bout de souffle il regista sceglie l’attore francese Jean-Paul Belmondo nel ruolo del già citato Michel Poiccard, che aveva già diretto nel cortometraggio Charlotte et son Jules del 1958, e l’attrice americana Jean Seberg, quest’ultima nel ruolo della giovane Patricia Franchini. In quel momento nessuno lo sa, ma diventeranno due attori simbolo di un’intera generazione e della Nouvelle Vague. In seguito Belmondo lavorerà per Jean-Pierre Melville, Re indiscusso del noir francese che è presente anche in À bout de souffle nel ruolo dello scrittore Parvulesco intervistato da Patricia Franchini.

Fino all’ultima lettera

Godard e un contrariato François Truffaut

Godard e un contrariato François Truffaut

Un tassello fondamentale nel cinema è la sceneggiatura, che qui porta la firma dell’allora amico di Godard, François Truffaut. I due registi avevano scritto e collaborato per la rivista cinematografica Cahiers du Cinéma  tra il 1952 e il 1953, ed entrambi sono stati tra i fautori della nascita della Nouvelle Vague. Solo che i due autori avevano una visione agli antipodi riguardo la realizzazione delle loro opere: infatti se Truffaut rispondeva ad alcune dinamiche dell’industria cinematografica mainstream, Godard invece seguiva una strada per così dire sconnessa, cercando di non fare film assecondando pressioni esterne. A questo proposito potete recuperare qui il nostro articolo relativo all’annullamento del Festival di Cannes del 1968.

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I due arriveranno alla rottura anticipando di 50 anni le diatribe social odierne, mandandosi a quel paese (è una costante di questo articolo) attraverso le allora usatissime lettere, che potete recuperare integralmente sul sito del Il Cinema Ritrovato.

Un noir anti-classico

À bout de souffle: Uno dei close-up su Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg

À bout de souffle: Uno dei close-up su Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg

“È troppo tardi ormai per avere paura.”

La trama del capolavoro godardiano di base si rifà al classico noir americano con, in questo caso, un ladro al posto del detective, e la femme fatale sostituita da una ragazza indecisa sul suo futuro con l’obiettivo di studiare all’università più importante di Parigi, La Sorbona. L’intera vicenda si svolge in pochi giorni fino all’ultimo respiro esalato da Poiccard che, in fuga dalla polizia dopo aver rubato un’auto a Marsiglia e ucciso un poliziotto, decide di rifugiarsi a Parigi dalla sua amica Patricia.

Genesi di un capolavoro

La regia di Godard è ancora oggi a distanza di 63 anni ancora attuale, i jump-cut vengono inseriti a causa della produzione del film che aveva imposto al regista di tagliare 30 minuti dalla pellicola, una masterclass su come trasformare un potenziale problema in una trovata geniale. Come da tradizione della Nouvelle Vague, gli stilemi del cinema classico vengono ribaltati, infatti il cuore pulsante di questo non-noir non è la fuga di Michel dalla polizia ma i risvolti della relazione sentimentale tra il personaggio di Belmondo e della Seberg.

Il Tour di Godard

À bout de souffle: Godard con la sua cinepresa

À bout de souffle: Godard con la sua cinepresa

Il riferimento al genere americano è evidenziato dall’omaggio e citazione ad Humphrey Bogart. Difatti in una scena del film lo stesso Michel Poiccard si trova davanti ad un cinema che proietta il film Il colosso d’argilla, pellicola di Mark Robson del 1956.

Magistrale a tal proposito tutta la sequenza di più di 20 minuti tra Michel e Patricia nella camera d’albergo di quest’ultima dove assistiamo ad un saggio breve sull’amore di coppia, quello brutale e animalesco dell’uomo, contrapposto a quello mentale e psicanalitico della donna.

Le scene sui Campi Elisi di À bout de souffle vennero riprese da Godard da una Cameflex senza cavalletto nascosta in una bicicletta, inoltre lo stesso regista invitava gli attori ad improvvisare e prendeva le decisioni giorno dopo giorno dopo aver visionato i giornalieri. Una pellicola che ha segnato un punto di non ritorno nella storia del Cinema, impossibile farne a meno.

Davide Schiraldi

Davide Schiraldi

In ordine sparso: 25 anni, laureato in Comunicazione, film preferiti: La Grande Bellezza, Chungking Express, Lost in Traslation, Rear Window, The Big Lebowski.

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