Smetto quando voglio: la trilogia completa di Sydney Sibilia è disponibile dal 4 marzo su Prime Video. Ecco perché dovresti guardarla
Trattare un tema impegnativo come la disoccupazione giovanile in una commedia è sicuramente un azzardo. È rischioso soprattutto in Italia, dove spesso in questo genere si tende ad evitare il più possibile la critica sociale, mantenendo toni leggeri per strappare con facilità un sorriso allo spettatore. È ancora più rischioso se sei un giovane regista esordiente, perché il tuo film potrebbe essere un flop ancora prima di uscire. Sydney Sibilia con Smetto quando voglio ha deciso di assumersi il rischio, e a ragione, visto l’ampio consenso di critica e pubblico che i tre film hanno ricevuto.
Il regista è riuscito infatti a trovare un giusto equilibrio tra elementi comici e critica sociale, rappresentando la frustrazione di una generazione eternamente precaria. La trilogia è iniziata nel 2014 con Smetto quando voglio, seguito da Smetto quando voglio – Masterclass e Smetto quando voglio – Ad honorem, girati insieme ed entrambi usciti nel 2017.
La trama della trilogia
I protagonisti dei film sono sette ricercatori e accademici italiani: Pietro (Edoardo Leo), Mattia (Valerio Aprea), Arturo (Paolo Calabresi), Alberto (Stefano Fresi), Giorgio (Lorenzo Lavia), Andrea (Pietro Sermonti) e Bartolomeo (Libero de Rienzo). Menti brillanti e qualificate che eccellono nei rispettivi ambiti di studio. Nonostante però siano in possesso di numerose lauree, master e dottorati, non riescono a trovare un lavoro in cui possano mettere a frutto i propri studi e le proprie competenze.
Smetto quando voglio
Il primo film della trilogia si apre con Pietro, brillante neurobiologo, che perde il suo lavoro di ricercatore universitario a causa della crisi economica. Non riuscendo a trovare altri lavori onesti, forma una banda improvvisata di ricercatori e accademici, che come lui vivono una situazione di precarietà. Frustrati e abbandonati dalle istituzioni, i protagonisti decidono di provare a svoltare producendo e vendendo smart drugs. Presto però si ritroveranno immischiati in situazioni pericolose e circostanze insidiose. Da un lato braccati dalla polizia e dall’altro minacciati da Murena, boss malavitoso che teme che il successo della nuova droga gli rovini la piazza.
Smetto quando voglio – Masterclass
Nel secondo film i componenti della banda sono tornati tutti a svolgere lavori frustranti e sottopagati. Pietro invece, che si è assunto le responsabilità dei reati commessi dal gruppo, è in carcere. Qui riceve la visita dell’ispettrice Coletti, che gli promette la libertà in cambio della sua collaborazione a un’operazione segreta da lei organizzata. Pietro quindi riunirà la banda per intercettare le altre smart drugs in circolazione, come chiesto dall’ispettrice. Le cose però non saranno così semplici, e i ricercatori dovranno affrontare un nuovo antagonista, lo spietato Mercurio.
Smetto quando voglio – Ad Honorem

Ad Honorem è l’ultimo capitolo della trilogia
Nel terzo e ultimo capitolo della saga (qui la nostra recensione), Pietro è tornato in carcere, dove, paradossalmente, è riuscito a trovare un lavoro migliore rispetto a quando era fuori. Questa volta in carcere ci sono finiti anche i suoi compagni, dopo che la polizia ha tradito l’accordo che aveva fatto con loro. La banda stavolta si ritroverà a collaborare con Murena per sventare i piani di Mercurio, intenzionato ad avvelenare un’intera platea con il gas nervino. Tra fughe rocambolesche e situazioni comiche e surreali, i protagonisti ancora una volta useranno il loro ingegno e le proprie competenze per risolvere ogni tipo di problema.
Risate agrodolci
Il pregio principale di Smetto quando voglio è che Sibilia riesce a riportare la fotografia di un periodo e di un contesto sociale instabile e precario. La situazione è paradossale: la laurea è un impedimento per trovare lavoro. I nostri risultano troppo qualificati per svolgere mansioni “ordinarie”, e sono costretti a mentire sulle proprie qualifiche, maledicendo il giorno in cui hanno deciso di studiare. Il quadro è tragicomico, e anche tristemente verosimile. L’Italia che dipinge il regista è un paese che disincentiva la cultura e lo studio accademico e che porta all’esasperazione chi decide di intraprendere questa strada.
“Sono laureato, ma guardi è un errore di gioventù del quale sono profondamente consapevole. Ho inoltrato una richiesta per rinunciare al mio titolo accademico, significa che, tempo due settimane, c’ho praticamente la quinta elementare.”
È un paese fatto di contraddizioni, che non premia la meritocrazia e i giovani brillanti e impegnati come Pietro. La situazione diventa frustrante, e inevitabilmente provoca un esodo di giovani qualificati, la famosa fuga di cervelli. Chi non se ne va deve accontentarsi di quello che trova per poter sopravvivere. L’università non ragiona come istituzione che diffonde cultura e promuove il progresso, ma opera in un’ottica quasi aziendale: l’assegno di ricerca di Pietro non viene rinnovato perché il suo progetto non è abbastanza appetibile per accaparrarsi i fondi ministeriali.
Non la solita commedia

I protagonisti di Smetto quando voglio
Sibilia firma tre film gradevoli e interessanti, ben strutturati dall’inizio alla fine, che hanno portato una ventata d’aria fresca nella commedia italiana. La trilogia fa ridere di gusto, ma senza mai lasciare che questo lato comico prenda il sopravvento e metta in ombra la critica sociale sulla disoccupazione e la precarietà, filo conduttore di tutti e tre i film. Servirebbero più film come questi, perché forse il modo migliore per riflettere su temi così importanti è proprio riderci sopra.
Smetto quando voglio è disponibile in streaming dal 4 marzo su Prime Video, e consigliamo a tutti di vedere (o rivedere) questa commedia agrodolce, che, per i temi trattati, è oggi più attuale che mai.

Studente di comunicazione, musicista a tempo perso, pessimista a tempo pieno.
“Chi non ama l’arte non ama la vita” diceva il capocomico ne “I vitelloni” di Fellini, per questo, da sempre, amo l’arte in tutte le sue forme ed espressioni.