Lee Jung-jae, star di Squid Game, presenta a Cannes Hunt, uno spy thriller che segna il suo esordio come regista.

Dopo il successo di Squid Game che lo ha fatto conoscere al mondo, Lee Jung-jae decide di passare momentaneamente dietro la macchina da presa. Il risultato è Hunt, il suo primo film da regista presentato al Festival di Cannes nella sezione Midnight-Screening. Un’opera, come vedremo nella nostra recensione, con grande ambizione commerciale e con lo sguardo puntato verso il cinema e i mercati occidentali.

le Carré nella penisola coreana

Lee jung jae in hunt

Hunt poggia il suo background nel complesso contesto della penisola coreana. Siamo mei primissimi anni ’80, in sudcorea un recente colpo di stato ha portato un cambio ai vertici del paese senza però modificare il clima autoritario. Nasce presto il sospetto di una infiltrazione di spie nordcoreane tra le forze interne al paese e di un imminente attentato nei confronti del nuovo presidente. In questo contesto si muovono i due protagonisti, degli alti funzionari della sicurezza, i quali dovranno trovare l’infiltrato prima dell’inizio del tour asiatico del nuovo leader. Ben presto il clima muterà in una caccia alle streghe senza confini, in cui tutti sono sospettati. Gli stessi protagonisti, interpretati da Lee Jung-jae stesso e dall’altrettanto ottimo Jung Woo-sung, non potranno esimersi da indagarsi tra di loro.
Un soggetto che può richiamare i romanzi di le Carré, soprattutto quel Tinker Tailor Soldier Spy poi trasposto al cinema da Tomas Alfredson e distribuito in Italia con il titolo de La Talpa. Uno spy thriller cupo, teso con una buona quantità di plot twist. Per lo spettatore a secco di storia coreana potrebbero però esserci alcune difficoltà nel comprendere alcuni riferimenti. A parte la questione relativa al cambio di regime, opportunamente anticipata al termine dei titoli di testa, ci saranno infatti lungo tutto il film rimandi ad altri avvenimenti precedenti. Per esempio verrà citata (e mostrata in parte) la strage di Gwangju, già protagonista sul grande schermo dal bel A Taxi Driver con Song Kang-ho. Allo stesso modo potrebbero trovare impreparati alcuni riferimenti ai rapporti con la Nord Corea, con gli Stati Uniti oppure ai forti movimenti studenteschi repressi con la violenza.

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Stile occidentale

i protagonisti si osservano in Hunt

Tolto il contesto storico, sociale e politico, quello di Lee Jung-jae è un film dall’impronta fortemente occidentale. Non solo il tipo di spy-thriller richiama come detto le narrazioni europee e americane ambientate durante la Guerra Fredda ma tutta la messa in scena vuole evidentemente rifarsi a un cinema non asiatico né tantomento sudcoreano. Hunt è un film dal forte ritmo, in cui vi è sovrabbondanza di scene action. Una quantità di sparatorie ed esplosioni per vari motivi (scarsissima circolazione di armi nel paese) inusuali nelle opere sudcoreane al di fuori delle opere belliche. Nel metterle in scena Lee Jung-jae non si rifà però a modelli asiatici come John Woo o Johnnie To ma prende più di riferimento il cinema di Michael Mann e delle grandi produzioni hollywoodiane. Il risultato a volte mostra una mancanza di controllo del regista, specialmente in uno scontro finale un po’ confuso e forse troppo pirotecnico. Ugualmente manca un certo tipo di caratterizzazione dei protagonisti, sparisce col progresso del film tutta la sfera erotica, introspettiva. La dilatazione dei tempi tipica di quella parte di mondo viene deposta nella ricerca di un ritmo sempre più vorticoso e del colpo di scena successivo. In una cosa però Hunt è perfettamente inserito nel cinema coreano degli ultimi vent’anni ovvero nel voler mostrare segni distensivi nei confronti del popolo nordcoreano. Nel voler considerare il popolo della penisola come unico, diviso da governi (del Sud e del Nord) e da ingerenze esterne come quella statunitense.

In definitiva possiamo considerare Hunt certamente un’ottima opera d’esordio, non perfetta e molto improntata a livello stilistico verso la ricerca del successo sul mercato occidentale.

Giacomo Lenzi

Giacomo Lenzi

Semplicemente appassionato ed affamato di tutto ciò che riguarda la cultura e l'arte popolare (nel senso letterale del termine): fumetti, libri, fotografia, tv e, ovviamente, cinema, che ne è il massimo esponente e la massima espressione.

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